sabato 28 ottobre 2017

Il limite dell'autodeterminazione dei popoli nell'aspirazione indipendentista catalana

In queste giorni è tornato di grande attualità il tema del principio di autodeterminazione dei popoli con le dichiarazioni di indipendenza da parte della Catalogna e del Kurdistan, velocemente annullate dalle autorità centrali. Entrambi i contesti sono comunque ancora in divenire e tanti sono i timori della comunità internazionale.


Nel caso del Kurdistan le autorità di Baghdad sono intervenute con l'esercito per rioccupare Kirkuk e i centri economicamente più importanti dell'area, anche se non sono ancora chiari i risvolti futuri della situazione. In ogni caso per la questione curda è sempre alto il rischio di uno scontro armato tra le parti, rappresentando uno dei temi centrali caratterizzanti l'instabilità mediorientale. Il caso della Catalogna è invece decisamente diverso: fino a ora lo scontro è stato soprattutto verbale (eccetto le violenze perpetrate dalle forze di polizia il giorno del referendum illegale nei confronti della popolazione che voleva votare). Anche qui la situazione procede in un modo altamente confusionario, con Presidente e governo della Generalitat, che hanno approvato la dichiarazione indipendenza della Catalogna, autoproclamatasi Repubblica catalana, dopo un lungo conciliabolo.

Sia in Kurdistan che in Catalogna, comunque, sono subito esplose grandi manifestazioni di gioia dentro e fuori le assemblee. Manifestazioni poi trasformatesi in rabbia visto l'intervento delle autorità centrali.

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La questione spagnola

In Spagna, il Senato spagnolo ha prontamente risposto con il via libera all'articolo 155, e l'affidamento dell'incarico a Mariano Rajoy di commissariare la Generalitat catalana e azzerare l’autonomia della regione.




I casi di Kurdistan e Catalogna sono accomunati dalla richiesta di indipendenza e dall'aver voluto indire un referendum considerato poi illegittimo dalle autorità centrali. Se in Kurdistan la questione curda rappresenta un capitolo a sé, resta invece da capire quanta legittimità politica abbia avuto la maggioranza risicata al governo della Catalogna, per decidere un passo di tale portata. In ogni caso la Catalogna ha aperto uno squarcio su una questione che da sempre è stata la spina nel fianco di tanti Paesi europei (e non). Infatti, il principio di autodeterminazione dei popoli è un principio fortemente discusso in ambito di diritto internazionale, tante le questioni storicamente ancora aperte: Kosovo, Scozia, cecenia, Kurdistan, Palestina, solo per citarne alcune. In Spagna la questione delle Comunità locali è stata alla base della Costituzione del 1978. Chi tra i catalani si dichiara a favore dell'indipendenza, dice di non sentirsi spagnolo, dichiara che il governo di Madrid ha solo limitato e ridotto la libertà del popolo catalano, oltre che la capacità di crescita economica della regione e che non si riconosce più sotto quella bandiera. Proprio su questa base di fervore indipendentista Puigdemont e la Generalitat hanno dichiarato l'indipendenza. Poi c'è stato l'intervento di Rajoy con l'autorizzazione all'articolo 155 e la destituzione sia del presidente, che dei membri del governo di Barcellona, oltre a sciogliere il Parlamento e a indire nuove elezioni per il 21 dicembre.

L'illegittima indipendenza catalana nell'ordinamento spagnolo


Se come vedremo, alla luce delle consuetudini di diritto internazionale l'indipendenza della Catalogna non può che essere considerata illegittima. È ugualmente illegittima in termini costituzionali nazionali proprio perché vìola l'unità indissolubile dello Stato spagnolo. Uno stato che da Costituzione riconosce un'ampia autonomia alle differenze locali, essendo costituito non solo da Regioni, ma anche da nazionalità, ossia collettività contraddistinte da fattori di identità, storici, linguistici e culturali, che sono riconosciuti dalla costituzione. Tali realtà storiche hanno però da sempre un limite dell'autodeterminazione, nell'appartenenza a un'unica Nazione spagnola, che riconosce un processo di autonomia delle Comunità graduale, in quanto definito "dal basso", perché sono stesso le Comunità a richiedere l'autonomia. Norma che ha trasformato lo Stato spagnolo in un vero e proprio Stato delle autonomie. . La Spagna è quindi uno Stato in cui si è delineata quindi un'asimmetria che ha origini inevitabilmente storiche e che si basa nell'equilibrio dei poteri e delle competenze tra sistema centrale e autonomie di primo grado e secondo grado. Equilibrio che è alla base stessa dell'esistenza dello Stato, disegnato in un quadro di decentramento politico diffuso, aperto e fondato sul principio volontaristico, perché lascia ampi margini di disciplina ai singoli Statuti locali, sempre nel rispetto di principi di solidarietà tra le comunità.
Comunità che in cambio di una sostanziale autonomia in determinate materie hanno considerato (chi più chi meno) l'unità nazionale indissolubile.

Questa solidarietà è stata rotta dallo strappo dell'autorità catalana, la cui insofferenza è stata comunque accentuata dalle politiche irresponsabili di Rajoy.

Cosa succederà delle aspirazioni indipendentiste catalane?

Ciò che appare chiaro è ormai la distanza incolmabile tra Barcellona e Madrid. Una, la (ex) Generalitat  che si richiama a quel fervore popolare e a quel senso di appartenenza alla diversità catalana, rimasta l'unica forza in campo per chi non si sente spagnolo e si muove senza alcuna base giuridica e senza alcun sostegno internazionale. Dall'altro alto c'è il governo spagnolo che invece basa la sua posizione di forza sulla Costituzione.
La situazione è tutt'altro che risolta e fino al 21 dicembre tutto può davvero succedere visto che ogni tentativo di dialogo sembra fallito. Sulla base delle esperienze di queste settimane il Governo difficilmente riuscirà a domare la disobbedienza di massa che sta nascendo nelle piazze e dentro le residue istituzioni.

La Repubblica di Catalogna resta (per ora) solo nelle dichiarazioni dell' ex Presidente Puigdemont che comunque ha dichiarato di voler continuare a lottare per l'indipendenza e che rischia fortemente l'incarcerazione,e negli atti costituzionalmente illegittimi del parlamento. Un segnale forte e chiaro è stato dato dalla comunità internazionale che ha riconosciuto unanimemente l'unità della Spagna, isolando (come era prevedibile) la Catalogna. Nessuno Stato ha interesse a riconoscere l'indipendenza,  proprio perché questo scatenerebbe un effetto domino sugli altri.

In questi giorni, chi sostiene l'indipendenza della Catalogna si è appellato alla libertà dei popoli di poter decidere del proprio destino e della propria indipendenza. Questo concetto, romantico e legittimo, va comunque contestualizzato all'interno del diritto internazionale, perché volenti o nolenti è con gli Stati che bisogna interfacciarsi e soprattutto, perché sono gli Stati i soggetti tipici del diritto internazionale cui fanno capo i diritti e gli obblighi discendenti dalle regole dell'ordinamento internazionale.


Popoli e autodeterminazione



Il principio di autodeterminazione suscita da tempo grande dibattito nella comunità internazionale e non c'è una definizione precisa. Viene assunto come principio consuetudinario, ma è difficile circoscriverlo in una possibile norma. La difficoltà del problema sta nel formulare in termini giuridici il concetto di popolo, riconducibile a una comunanza di razza, lingua, religione o tradizione in una collettività di individui. Se l'Assemblea Generale delle Nazioni Unite ha ribadito in più risoluzioni "il diritto di autodeterminazione dei popoli, come diritto di determinare la propria condizione politica e di perseguire liberamente il proprio sviluppo economico, sociale e culturale" (risoluzione 1514 (L)XV del 960). Dall'altro ha comunque circoscritto questa possibilità per i popoli sottoposti a regimi coloniali, razzisti o a altre forme di dominio straniero, non pregiudicando per questi il diritto di lottare per l'autodeterminazione. Uno dei motivi principali di questa limitazione sta nel fatto che la società internazionale è una società di Stati e si fonda sulla conciliazione del diritto dei popoli ad autodeterminarsi con il rispetto dell'integrità degli Stati che sono i soggetti dell'ordinamento.
Questo è uno degli argomenti che contrasta sul principio di autodeterminazione della Catalogna. L'appartenenza catalana alla Spagna nasce da una naturale costituzione dello Stato spagnolo. I catalani non sono né una minoranza colonizzata né soggetta a discriminazione o a forme di dominio. Detto questo, è logico che i movimenti indipendentisti e rivoluzionari si pongano in rottura con lo status quo. Quindi un nuovo Stato catalano, nato magari dallo strappo violento con la Spagna, si troverebbe di fronte al muro del resto della Comunità internazionale, che per difendere in primis la propria soggettività e la propria unità da eventuali altri movimenti indipendentisti intestini, risponderebbe all'indipendenza catalana con il rifiuto a riconoscere il nuovo Stato. Rifiuto che è già avvenuto da tutti i grandi Stati europei e mondiali.


Il valore di uno "Stato" non riconosciuto


La pratica del riconoscimento dei nuovi Stati a opera degli altri Stati, non è comunque accreditata ad affermare l'idea che la formazione di uno Stato dipenda dall'operare di una norma giuridica. Questo conferma che il riconoscimento è un fenomeno essenzialmente politico e pre-giuridico, che si verifica quando si afferma di fatto e stabilmente nel mondo delle relazioni internazionali un'autorità politica sovrana e indipendente entro una determinata sfera territoriale e sociale. Il riconoscimento può definirsi l'atto con cui uno Stato ammette che un determinato ente presenta le caratteristiche necessarie perché lo si possa considerare come Stato, nel senso del diritto internazionale. Se per un lungo periodo si è affermata nell'ambito del diritto internazionale la teoria del "riconoscimento costitutivo", secondo cui la qualità di soggetto internazionale era collegata alla presenza del riconoscimento, successivamente si è affermata l'idea che l'esistenza politica di uno Stato fosse indipendente dal riconoscimento da parte di altri Stati. È ormai pacifico considerare che un nuovo Stato  possa diventare soggetto di diritto internazionale sin da quando esso riesca ad affermarsi  di fatto e stabilmente nel mondo delle relazioni internazionali, come un'autorità politica sovrana e indipendente entro una determinata sfera territoriale e sociale. Quindi il mancato riconoscimento della Catalogna da parte degli stati internazionali non costituisce necessario impedimento perché la Catalogna diventi Stato, ma rappresenta un ostacolo sostanziale affinché possa continuare il processo. Infatti, i mancati riconoscimenti porterebbero all'impossibilità di poter stabilire relazioni diplomatico,economico, commerciali con gli altri Paesi, provocherebbe un grosso freno all'economia dello Stato oltre a impedire l'ingresso dell'Unione Europea.

Molti criticano il silenzio dell'Unione Europea nei confronti della crisi catalana, il problema è che l'Ue deve tutelare uno stato membro e la sua integrità (e di tutti i propri membri) ed è naturale la chiusura a considerare qualsiasi apertura nei confronti della Catalogna.

Un finale ancora da scrivere

Quello che succederà in Spagna è ignoto a tutti. Sembra chiaro è che i catalani non vogliano accettare nessun'altra imposizione da parte di Madrid. L'articolo 155 e le misure del governo sono un colpo di mano che non ha precedenti in Spagna. Si apre una nuova battaglia politica che vede il 21 dicembre molto distante. L'unità di uno Stato non la si impone con la forza. Nelle prossime settimane dovrà farsi sentire anche quella parte di Catalogna silenziosa che non voleva l'indipendenza e che si sente ancora Spagnola. Per gli indipendentisti, invece, il processo si fa difficile, che la Catalogna riesca ad affrancarsi dalla Spagna ora appare molto complicato. I catalani dalla loro possono farsi forza sulla voglia di autodeterminarsi e sul sentirsi un popolo unito, perché ad appoggiarli non c'è né la forza del diritto, né la forza dell'appoggio internazionale. 



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