giovedì 25 giugno 2015

#Libriamo e le diciassette storie de La sposa di Mauro Covacich

In un Paese in deficit di lettura è importante trasmettere le belle sensazioni che la lettura può regalare, soprattutto grazie a un libro che è capitato nella propria vita. Leggere è un viaggio intimo dentro noi stessi e per questo è importante intraprenderlo con la scelta del libro giusto. Non c'è una regola precisa per capire quale sia il libro giusto, l'importante è darsi la possibilità di scelta, perché, se il primo passo da fare è quello di iniziare a leggere, il secondo fondamentale è quello di scegliere bene.
I buoni libri migliorano la vita, ci fanno crescere e cambiano le nostre prospettive. Non bisogna mai sottovalutare la loro potenza con la consapevolezza che una vita senza lettura è più povera.
La mia sarebbe stata sicuramente anche più triste.
Anche questa settimana,

#Libriamo

La corsa di questa rubrica verso il Premio Strega prosegue con il terzo protagonista della cinquina  2015. Il Libriamo di oggi è infatti dedicato a La sposa di Mauro Covacich una "raccolta" di 17 racconti che sono a metà tra l'autobiografico e la cronaca, 185 pagine che mostrano personaggi particolari e una gran tecnica di scrittura (ovvietà n.1). Non avevo ancora letto nulla di Covacich, se non articoli e post su qualche blog. Alcuni pezzi sono dei piccoli dispensari di consigli su come si scrive. Infatti, Covacich con La sposa insegna davvero come si compone un racconto, come già fatto nei Sette consigli per scrivere un buon racconto:

Ci sono delle regole per scrivere un bel racconto? Direi di no. Semmai ci sono delle regole per evitare di scriverne uno brutto. Scrivere un bel racconto richiede una dose essenziale di incanto, di fortuna, senza la quale anche il più grande virtuoso delle tecniche di «creative writing» può solo confezionare un «prodotto carino». Un racconto brutto invece è il risultato di ingenuità facilmente scongiurabili – dando ovviamente per scontato che parliamo di persone a cui piace raccontare e che si sentono portate a farlo.


Titolo La Sposa
autore Mauro Covacich
pagine 185
editore Bompiani

Ecco come dovrebbero essere scritti dei racconti brevi. Nulla di didascalico eh, solo storie.
Piccoli tratti, come fossero pennellate d'autore in poche pagine, tracciano personaggi, temi e visioni, ognuna potrebbe rappresentare l'incipit di un romanzo o di una storia più grande. Ognuna è il proseguimnento di un cammino personale dell'autore, la propria visione delle cose. Infatti, sono tutte collegate e il filo conduttore è proprio lo scrittore  che è il narratore che ci rassicura e che ci accompagna in questo viaggio. FInisce per rapirti e leggerlo in una sola notte, perché semplicemente non riesci a smettere. 

Pippa  Bacca

La storia iniziale è quella di Pippa Bacca, Giuseppina Pasqualino di Marineo, artista performativa di Milano, morta tragicamente durante una delle sue performance itineranti "Spose in Viaggio", con cui si proponeva di attraversare, in autostop con l'amica artista Silvia, undici paesi teatro di conflitti armati, vestendo un abito da sposa, per promuovere la pace e la fiducia nel prossimo. Quel prossimo che a Gebze in Turchia, nel marzo del 2008, l'ha prima violentata e poi l'ha uccisa. La sposa del titolo è lei, le scarpe in copertina sono quelle di un suo emozionante scatto a Sarajevo. 
Il loro progetto era nato proprio per contestare il cinismo paranoide delle società avanzate. È la paranoia il nostro peggior nemico, uomini e donne che inaridiscono bunkerizzati in casette dotate di panic room e circuito videosorveglianza. Se ti esponi al contatto casuale con un bel sorriso l'altro ti premierà.
Ritorna sempre, tutto ritorna in questo libro, in ogni racconto. Ma il libro non parla di lei o della sua vita, Pippa è solo uno dei personaggi, è uno di quei fili conduttori che sono sempre presenti nei vari racconti. 

Soggetti sterili, dotati di apparati riproduttivi fertili
Le vite di persone come il cantante Alessandro Boni, o Annamaria Franzoni, o Unabomber chiamato Minemaker e altre tracce di realtà miste a esperienze personali dell'autore, oltre che riflessioni sui nonfigli e sui genitori che hanno figli, i simpatici nipotini che ogni tanto lo accompagnano. 

Oppure la sensazione di non essere padre.

Fare figli significa smettere di essere figli, significa sottrarre energia preziosa al proprio sostentamento per riversarla nel sostentamento di un altro, significa violentare il proprio egoismo, fare un passo indietro.

Le storie si accavallano una dietro l'altra, l'effetto è dietro ogni parola posta mai a caso. I fatti non sono leggeri e le storie come i luoghi sono a volte molto difficili.

Devo agire, non devo pensare: le azioni sono l'unica salvezza dal dolore, da un altro dolore, molto più fote del primo, cha cominciato a farsi sentire da qualche minuto alla periferia della mente e che forse non mi abbandonerà per tutta la vita.

Ti ritrovi fermo per qualche secondo a ogni finale di racconto a pensare, a ritornare indietro per ricercare un significato che ti eri perso.
Sono tutte vite che passano veloci, a volte inutilmente, come quella di un cuore in autostrada perso tra tanti imprevisti, un uomo che vive tra i lupi, un safari sui generis.


Come raccontare una storia

 

Ho sempre pensato che per scrivere non serve solo avere una bella idea, se non riesci a svilupparla. Non serve avere una storia, se poi non la sai scrivere. Non serve sapere scrivere, se non hai idee o non riesci a guardarti intorno. Perché le migliori trame sono negli occhi delle persone che ci circondano. Covacich mostra l'arte della scrittura e la capacità di assurgere alla realtà per trarre ispirazione. Ogni racconto, che sia sulle periferie romane, su Cogne o sulle riflessioni del nipotino, ci spinge a pensare, lascia un sapore diverso e un seme di discussione. Perché non serve essere d'accordo o meno sul pensiero dello scrittore, lo spunto c'è. A impreziosire il tutto, l'arte di scrivere i finali dei racconti che ti spiazzano, ti fanno ridere, ti emozionano. Covacich dimostra che possiamo avere tutte le migliori idee, ma tramutarle in testo coinvolgente è  un'altra cosa. 
Oltre che dire qualcosa bisogna anche saperlo fare e questo è un libro assolutamente da leggere per chi ama scendere nella profondità dei personaggi (in una media di dieci pagine a racconto) e per chi vuole imparare a scrivere meglio.


Nessun commento:

Posta un commento