mercoledì 29 aprile 2015

#Libriamo, Preferirei Di No di Boatti, la storia dei dodici intellettuali che dissero no al Fascismo

In un Paese in deficit di lettura è importante trasmettere le belle sensazioni che la lettura può regalare, soprattutto grazie a un libro che è capitato nella propria vita. Leggere è un viaggio intimo dentro noi stessi e per questo è importante intraprenderlo con la scelta del libro giusto. Non c'è una regola precisa per capire quale sia il libro giusto da leggere, l'importante è darsi la possibilità di scelta, perché, se il primo passo da fare è quello di iniziare a leggere, il secondo fondamentale è quello di scegliere bene.
I buoni libri migliorano la vita, ci fanno crescere e cambiano le nostre prospettive. Non bisogna mai sottovalutare la loro potenza con la consapevolezza che una vita senza lettura è più povera.
La mia sarebbe stata sicuramente anche più triste.

Anche questa settimana,


#Libriamo


Nella settimana successiva al 25 aprile vorrei "librare" con voi la storia poco nota di uomini con la U maiuscola, persone integerrime e dal grande coraggio, senso della libertà e coerenza. Non parliamo di combattenti sulle montagne o di racconti partigiani. La festa della liberazione è passata tra dolorosi ricordi, antifascismo militante, quello di facciata, molta retorica e revisionismo. Chi di solito critica e non "festeggia" il giorno della liberazione dovrebbe ricordarsi che  comunque anche la sua libertà di dire no è stata conquistata proprio grazie alla resistenza. Il #libriamo di oggi è per tutti quelli che oggi possono opporsi e dire di no, grazie anche alla testimonianza di dignità e di coerenza di una parte d'Italia che non si è mai piegata al conformismo fascista di quel tempo ma ha saputo dire proprio di no.

http://www.einaudi.it/libri/libro/giorgio-boatti/preferirei-di-no/978880620161
                                      

Autore: Giorgio Boatti

Titolo: Preferirei di no

2010
ET Saggi
pp. 340
€ 13,00
ISBN 9788806201616

Questo libro è sospeso a un'azzurra leggerezza. Quasi che testimonianza di libertà dispiegata, con un solo gesto, dai dodici uomini che stanno per prendere posto in queste pagine li sottragga, in quache modo e per sempre, alla servile grevezza del mondo che li circonda...


sabato 25 aprile 2015

#Ladedicadellasettimana n3 ai 70 anni della liberazione e ai viaggi per la sopravvivenza

Siamo tutti oggetto di manipolazione e disinformazione organizzata. Le notizie sono semplici fatti, sta a chi informa diffonderle o manipolarle. La narcolessia mediatica è proprio quella che ci propina chi oscura e manipola il mondo dell'informazione. Cercare di uscire da questo sistema perverso è dovere di qualsiasi essere pensante.

La dedica della settimana

 

..non c’ero e non conosco cosa accadde…
diffido dalla storia ufficiale
non ci vedo mai riferimenti alla gente comune.
Ho viaggiato per il mondo, senza tregua senza sosta, per lunghi anni. E quello che porto nel cuore non sono personaggi ma persone, gente comune e il loro quotidiano. Ogni loro racconto per me è un piccolo grande tesoro, di un valore inestimabile.
Non c’ero e non conosco cosa accadde…
ma so che oggi vivo un presente da uomo libero.
E questo mi basta per credere che oggi sia un giorno speciale.
Anton Vanligt

Con la prima dedica della settimana voglio celebrare i 70 anni dal 25 aprile 1945.
Quando si parla di festa della liberazione dall'antifascismo è facile cadere in retorica, soprattutto in un Paese ancora profondamente diviso come l'Italia, che ha cercato di rinascere dopo vent'anni di fascismo e una guerra civile sanguinosa risolta solo grazie all'intervento degli alleati.

venerdì 24 aprile 2015

#MemoriaStorica: Cento anni del Metz Yeghern, il genocidio armeno negato dalla Turchia

La memoria storica è fondamentale per fare in modo che gli errori e le tragedie del passato non si ripetano più. Solo attraverso il ricordo e l'analisi della propria storia un Popolo può crescere.



Quando si dice che la storia è fatta dai vincitori non si intende il solito concetto qualunquista e scontato.
In realtà ogni fatto storico ha una propria interpretazione e il punto di vista di chi lo racconta può distorcere o cambiare determinate il modo di tramandarlo a seconda dei valori che vuole trasmettere.
Poi ci sono quei fatti che vengono del tutto tralasciati o oscurati perché ritenuti poco importanti ai fini dell'affermazione dei vincitori o  perché considerati troppo scomodi.
Su altri cala invece una coltre di disinteresse perché riguardanti la periferia del mondo, fuori dal centro del potere e quindi poco meritevoli di attenzione.
Per alcuni di questi c'è addirittura la negazione o la declassificazione a evento marginale perché frutto di un passato che si vorrebbe cancellare e di cui ci si vergogna.

Il Genocidio degli armeni del 1915 da parte dei turchi fa parte di quest'ultima categoria nonostante sia considerato da buona parte degli storici come il primo grande genocidio di massa del XX secolo che portò quasi totale scomparsa della popolazione armena dall’Anatolia.

giovedì 23 aprile 2015

#LibriAmo, 1984 di Orwell nella Giornata mondiale del Libro, perché leggere migliora la vita

Non sono mai stato educato alla lettura, l'amore per la lettura nasce all'improvviso e senza preavviso.
Da bambino non leggevo tanto, mi cibavo soprattutto di fumetti ma di libri ne leggevo pochi.
Crescendo, invece, sono stato più concentrato a indottrinarmi su teorie e costruzioni filosofiche massimaliste che spinto da un sano amore per la lettura.
Poi è arrivato il giorno in cui mi sono trovato a contatto con un libro.
Ero incerto, io che leggevo solo cose di un determinato colore e dello stesso tipo, stavo decidendo di intrapredere un viaggio che mi avrebbe cambiato del tutto.
Poi mi accorsi che era così interessante da non riuscire più a fermarmi. 

Fuori dallo spazio e dal tempo

Durante la lettura di un bel libro il tempo si ferma e tutto diventa indefinito.
Quando arrivi alla fine non sei più lo stesso, ti accorgi di essere cambiato come se fossi passato dall'altra parte del buco nero. 
Quella sensazione si ripresenta ogni volta, leggere diventa una droga e un modo per coltivare la propria intimità. 
Dedichi del tempo a te stesso senza filtro, perché quando si legge, ci si mette in discussione e ci si immerge totalmente nello scritto interpretandolo secondo i propri canoni e glischemi razionali.
Leggere è compiere un vero viaggio nel proprio io.

sabato 18 aprile 2015

#LaDedicaDellaSettimana n.2 al lavoro e ai diritti che valgono sempre meno

Siamo tutti oggetto di manipolazione e disinformazione organizzata. Le notizie sono semplici fatti, sta a chi informa diffonderle e manipolarle. La narcolessia mediatica è proprio quella che ci propinano quelli che oscurano e manipolano il mondo dell'informazione. Cercare di uscire da questo sistema perverso è dovere di qualsiasi essere pensante.
La dedica della settimana 

La dedica è per i lavoratori che tremano nel pericolo di perdere il proprio lavoro.
Lo so, in questo periodo, lavoro e lavoratori sono parole considerate fuori moda e non passano giorni senza notizie di agitazioni e di minacce di esuberi.
In questo blog, ho già scritto della situazione di un'azienda come Almaviva e del trattamento poco gentile che i lavoratori hanno ricevuto durante la trasmissione Ballarò, quando cercavano di attirare l'attenzione sul problema degli esuberi minacciati dall'azienda per il pericolo della perdita della commessa Wind.
La situazione critica sembra rientrata solo temporaneamente almeno grazie all'aggiudicazione dell'appalto da parte di Almaviva. I costi dell'operazione si annunciano molto alti per i lavoratori che in un modo o nell'altro sopporteranno lo sforzo imprenditoriale fatto dall'azienda con rinunce a diritti e peggioramento delle condizioni lavorative già annunciate da accordi sindacali.

La solita solfa italiana insomma, dove, con alcune eccezioni, le grandi fabbriche tendono a sfruttare il territorio in cui si instaurano restandone  un corpo estraneo. Sfruttano fino all'ultima goccia delle risorse economiche sociali, poi, alla fine del processo lo abbandonano quando non è più utile ai fini economici e produttivi aziendali o non più sostenibile per la miopia degli imprenditori.​

sabato 11 aprile 2015

#LaDedicaDellaSettimana n.1 si muore nel silenzio, dal Kenya passando per #SaveYarmouk

È ora di organizzare per bene questo blog, affinché possa rappresentare un'interpretazione coerente del mondo che mi circonda più comprensibile possibile.
Per questo, è necessario che venga organizzato in maniera più  precisa e ordinata e che contenga oltre i soliti post occasionali anche una serie di "rubriche" a cadenza periodica settimanale, con argomenti che scandiranno il tempo e lo spazio di Anarcolessia.
Saranno una serie di finestre che aiuteranno me e chi avrà la pazienza di seguirmi a organizzare meglio gli argomenti  per riuscire a trasmettere un messaggio coerente e chiaro.

Quale giorno migliore per iniziare se non il sabato con due dediche un po' sui generis.
La dedica è per modo di dire, in realtà sono pensieri, che serviranno a poco se non a mantenere alta l'attenzione su situazioni devastanti che troppo spesso dimentichiamo.

Più che altro si lavora sulla memoria, perché dimenticando si finisce per ammazzare due volte.

Ecco a voi,

La dedica della settimana

Dal titolo si capisce che sarà una rubrica per i distratti, sbadati che semplicemente non ci fanno caso. Siamo tutti oggetto di manipolazione e disinformazione organizzata. 
Le notizie sono semplici fatti, sta a chi informa diffonderle e manipolarle. 
La narcolessia mediatica è proprio quella che ci propinano quelli che oscurano e manipolano il mondo dell'informazione.
Cercare di uscire da questo sistema perverso è dovere di qualsiasi essere pensante.
 
La dedica invece va gli ultimi della classe, quelli in fondo alle classifiche del mondo che sono indietro anche nella gerarchia della morte. 
Perché un conto è morire in Occidente e un altro è farlo in Africa.
Nel continente che non conta si viene dimenticati velocemente.
Idealmente questa rubrica è dedicata a loro. 

giovedì 9 aprile 2015

Le torture della Diaz e quel sangue che non potrà mai essere cancellato



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Ci voleva la sentenza della Corte europea dei diritti umani ad aprire gli occhi su quello che avvenne sabato 21 luglio 2001 alla scuola Diaz di Genova e nella caserma di Bolzaneto

Era necessaria questa storica sentenza a condannare quegli atti compiuti dalla polizia italiana come tortura, in violazione dell’articolo 3 della Convenzione europea dei diritti umani, secondo cui: 
Nessuno può essere sottoposto a tortura né a pene o trattamenti inumani o degradanti.
Inoltre, era davvero fondamentale la decisione della Corte per rendere chiaro a tutti che l'Italia non ha ancora una legge che condanni la tortura. 
Mancanza a cui sta mettendo una toppa singhiozzante il Governo Renzi.

Infine, grazie sempre alla Corte ci si è finalmente resi conto di quanto era inadeguata la figura di De Gennaro come capo della polizia. Così inadeguato che è stato successivamente posto a capo di Finmeccanica.

Meritocrazia tutta italiana.
Ora tutti sembrano aprire gli occhi, gridano il loro sdegno e i loro slogan.
La solita politica italiana, inerme, connivente e incapace di dare una risposta vera.


Negazione del diritto


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Arnaldo Cestaro ha ottenuto la vittoria davanti alla Corte.
La sentenza non risarcisce le ferite che hanno subito le centinaia di vittime della Diaz e le 222 persone detenute a Bolzaneto che furono sottoposte a un trattamento che finalmente può essere definito per quello che è stato, vera e propria tortura.

Ma dimostra che tutte le testimonianze poi parzialmente trasformate in documentari, libri e film sul G8 di Genova del 2001 sono realtà e che l'Italia è un Paese inadeguato.
Nel Belpaese, tra le tante cose, manca ancora una legislazione penale adeguata per quanto riguarda sanzioni contro gli atti di tortura e misure dissuasive che prevengano la loro reiterazione.

Difficile per la nostra dignità ripercorrere anni e anni di processi, di chiacchiere e di difese senza alcun senso.

Quattordici anni fa è avvenuta una vera e propria sospensione dello stato di diritto avvallata dai vertici della polizia e in contumacia dallo stesso ministero dell’interno. Successivamente si è cercato in tutti i modi di coprire e nascondere le responsabilità giustificando l’assalto della polizia con un inesistente pericolo eversivo, creando prove ad arte.

Si è calpestata la dignità delle persone fisicamente e moralmente più e più volte

Quanto valgono i nostri diritti?

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Quattordici anni di processi ci dicono quasi nulla. 
I massimi vertici della polizia di ststo condannati per il solo falso aggravato, si sono visti prescrivere le condanne mentre Gianni De Gennaro è stato prosciolto da ogni accusa ed è stato poi premiato con la presidenza di Finmeccanica. 

Per quanto riguarda i poliziotti, le guardie penitenziarie e i medici carcerari condannati per le violenze, nessuno ha scontato la pena, altri non sono nemmeno stati identificati.

Silenzio politico 

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La politica non ha fatto altro che cavalcare negli anni l'onda mediatica.
Anni di silenzio senza nessuna assunzione di responsabilità.

È difficile rivedere determinate immagini, leggere le testimonianze senza sentire un pugno nello stomaco forte.

A terra giace la dignità umana e sullo sfondo c'è lo stato di diritto fatto a brandelli nel tipico stile italiano.

Come ha scritto Nick Davies sul Guardian nel 2008 e pubblicato qui in italiano da Internazionale:
Genova ci dice che quando il potere si sente minacciato, lo stato di diritto può essere sospeso. Ovunque. 
In Italia è ormai una regola che tanti hanno imparato a proprie spese.

venerdì 3 aprile 2015

Che valore diamo al nostro lavoro

La  generazione Y in Italia è condannata a vivere una crisi senza fine, tra precarietà senza lavoro e il baratro delle riforme che non danno via d'uscita.



Come si dà un valore al proprio lavoro?
Ognuno ha il proprio bagaglio di valori e il proprio metro di giudizio.
Sarà banale dirlo ma l'indicatore è sempre relativo alle proprie esigenze, ai propri bisogni e alla propria professionalità.

In sostanza dipende sempre da ogni singolo lavoratore.


C'è chi dà il proprio lavoro per scontato e chi invece ringrazia ogni giorno una divinità per averlo.
Entrambe queste posizioni possono essere discutibili.

In passato si diceva che il lavoro nobilita l'uomo, oppure, che il valore dell'uomo si vede in quello che fa.
Ormai queste affermazioni sono fuori dal tempo.
Il lavoro è svilito e non nobilita più.
Ormai il lavoro degrada e in Italia è sempre peggio.

Dare il proprio lavoro per scontato significa credere che i propri diritti siano un fattore insindacabile e immodificabile senza avere cognizione di cosa essi significhino e come si è arrivati ad averli.