martedì 8 dicembre 2015

#Libriamo Di cosa parliamo quando parliamo di Carver, da Gordon Lish a Principianti tra alcool, litigi e amore

In un Paese in deficit di lettura è importante trasmettere le belle sensazioni che la lettura può regalare, soprattutto grazie a un libro che è capitato nella propria vita. Leggere è un viaggio intimo dentro noi stessi e per questo è importante intraprenderlo con la scelta del libro giusto. Non c'è una regola precisa per capire quale sia il libro giusto, l'importante è darsi la possibilità di scelta, perché, se il primo passo da fare è quello di iniziare a leggere, il secondo fondamentale è quello di scegliere bene. I buoni libri migliorano la vita, ci fanno crescere e cambiano le nostre prospettive. Non bisogna mai sottovalutare la loro potenza con la consapevolezza che una vita senza lettura è più povera. La mia sarebbe stata sicuramente anche più triste.


Anche questa settimana,

#Libriamo


Ci sono letture che ti lasciano sensazioni univoche, altre che non finiscono con il punto finale, ma continuano nella mente ben oltre l'ultima pagina, scaturendo ulteriori risvolti. Poi ci sono quelle che capovolgono e rivoluzionano il modo di approcciarti a un libro dopo un po' di tempo, perché scopri che c'era dell'altro oltre quello che avevi immaginato fino a quel momento, tutto era diverso, tutto era irreale, o meglio, poteva essere diverso.

Raymond Carver rientra pienamente in questo ambito. O meglio la considerazione che si poteva avere dei racconti di Carver, uno dei più grandi scrittori americani, considerato capostipite del minimalismo letterario, etichetta che ha sempre rifiutato.




I suoi racconti scarni e minimalisti erano una rappresentazione diversa di come poteva essere raccontata una storia. Minimalista. Etichetta che tra l'altro ha sempre rifiutato. 
Uno dei migliori suoi esempi è stato Di cosa parliamo quando parliamo d'amore, uscito nel 1981 per l’editore Knopf, frutto dell'intenso lavoro di editing di Gordon Lish, che si è poi scoperto di aver tagliato oltre il 50% del testo, cambiando sia titoli che finali. Alcuni dei racconti che apparivano di poche pagine nella versione pubblicata, sono stati tagliati fino al 78% rispetto all'originale.


 















domenica 22 novembre 2015

Perché dire no alla guerra non è buonismo

Siamo in guerra. Loro sono in guerra.
Non solo dagli attacchi di Parigi, la guerra viene da molto più lontano. Come ormai è stato già detto, in Mali, la Francia è sul campo, o sui cieli, dal 2012. Afghanistan, Iraq, Libia dimostrano che quando viene meno uno stato nazionale con la forza, il terrorismo dilaga.
Siamo in guerra. Loro sono in guerra, ma non dal 13 novembre.
#NotInMyName in questo momento è per me più che mai attuale. Ci ripetono che siamo sotto assedio. Tante voci si affrettano a specificare che non è una guerra contro l'Islam, altre invece urlano il contrario, tacciando gli altri di buonismo.

Perché questa volontà di dipingere gli eventi come una guerra di civiltà a tutti i costi?


martedì 17 novembre 2015

Difetti di comunicazione - L'arma del terrore a Parigi, a Beirut e in Siria ha tante matrici.

Signori, chi ha qualcosa da dire si faccia avanti e taccia.
K. Krauss

In questi giorni molto duri mi veniva in mente questa frase di Krauss, riportata in auge da una citazione di Tiziano Terzani in una lettera a Oriana Fallaci, ogni volta che ascoltavo i soliti commenti sui terribili fatti di Parigi. Un salto indietro di 11 mesi, quando a gennaio ci furono gli attacchi a Charlie Hebdo per le vignette su Maometto (qui puoi leggere cosa ho scritto di quel triste gennaio). Siamo in novembre e la situazione è addirittura peggiorata, senza soffermarmi su tutte le strumentalizzazioni, le notizie false diffuse in rete e le prese di posizione vergognose di molti "politici".



In molti a gennaio avevano detto che un po' Charlie Hebdo se l'era cercata, perché la sua satira aveva esagerato e scatenato i terroristi. Oggi si rivaluta la Fallaci in tutto il suo pensiero. Come si può vedere il terrorismo crea un orrore mediatico ancora più grosso di quello materiale.
I simboli da attaccare sia a gennaio che l'altra terribile notte sono i principi cardini della società moderna: la libertà di espressione, la multiculturalità, la culla del pensiero illuminista.
Le immagini e le sensazioni della sera del 13 novembre sono ancora davanti agli occhi, le urla, il sangue e quei giovani morti. Un divertente venerdì sera spezzato dalla violenza. La vita può cambiare in un attimo e finisce per stravolgere qualsiasi certezza che avevi.




Nella tranquilla Europa occidentale post guerra fredda, siamo ormai abituati all'integrazione tra Stati, a una vita pacifica e tutto sommato tranquilla, lontana da quelle tensioni e quelle paure che avevano caratterizzato il passato e che invece caratterizzano altri contesti geografici.
Sono proprio quelle differenze che fanno paura. Ci diciamo assuefatti all'orrore, al sangue e alle tragedie quando le guardiamo sul piccolo schermo, quando cioè le sentiamo distanti e remote.
Appena ci colpiscono più da vicino, mostriamo tutte le insicurezze e le debolezze delle nostre convinzioni.
In pochi attimi vengono messe in dubbio quelle certezze e quei valori su cui, da decenni, basiamo il nostro vivere civile.


Dedica a Valeria Solesin


Poi ci sono le vittime, quelle vere, quelle foto che resteranno immagini per sempre e quei sorrisi che i cari non vedranno più. Un giovane libanese stroncato dall'attentato, vale quanto un giovane italiano che muore. Ci sono poi i volti e le parole, le vittime vicine. Valeria è una di quelle. Quanti in questi giorni non hanno pensato di poter essere al suo posto, in una città, che per tanti ha un significato particolare.

Quel sorriso si è spento per sempre. Non la conoscevo, per questo voglio lasciare il suo ricordo alle parole di chi ha davvero avuto la fortuna di viverci vicino.
Stupenda. Libera. Piena di idee e di forza. La migliore studentessa del mio corso alla Sorbona. Era molto impegnata nel sociale, non solo con Emergency. Avevamo parlato a lungo della questione del terrorismo, soprattutto dopo l’attentato a Charlie Hebdo. Era contraria a qualsiasi guerra, a qualsiasi intervento militare.  Valeria si era conquistata ogni millimetro della sua vita.
Era tosta. Aveva studiato tantissimo. Era ricercatrice all’Ined della Sorbona, la sua era una borsa di studio molto prestigiosa. Studiava le comparazioni fra le famiglie italiane e francesi, cioè lavorava studiando anche un po’ il suo caso.
Abitava a Parigi da quattro anni e stava vivendo il suo sogno. Ma certo, le sarebbe piaciuto molto poter avere la stesse possibilità in Italia.
Diceva che l’unico modo per rispondere alla guerra era la pace. Questa era la sua visione del mondo. Pace, soltanto pace."

Valeria aveva sogni, stava lottando per vivere il proprio, così come i molti che erano in giro quella sera a Parigi. Una sera di svago.
Una sera in cui il terrorismo arriva in maniera subdola e in un lampo distrugge tutto e tutti.




martedì 10 novembre 2015

Pillole di Madrid part.4 - Hala Madrid

Ultime ore a Madrid. Un'avventura è finita e ne ricomincia un'altra.
Ho salutato per bene la città che non dorme mai, macinando chilometri che il mio ginocchio infortunato ora sente, seduto in attesa al gate, aspettando l'aereo.

Cosa dire di più di Madrid e di questa esperienza?
Ho scritto tanto, della città, dell'Italia e un po' in generale di tante cose. 

Qui puoi trovare il resoconto degli articoli che ho scritto.


L'impegno di scrivere ogni giorno di argomenti diversi, mi ha dato la consapevolezza di poter svolgere questo compito come lavoro.
Grazie  a +ROOSTERGNN  per l'opportunità di poter stare in questa città e fare quello che più mi piace e grazie a tutte le belle persone conosciute durante questo viaggio.

Grazie soprattutto a Madrid, città divertente, viva e accogliente. 
Come ogni metropoli ha tante contraddizioni, comuni a tutta la Spagna. La crisi è vivida e si vede.

Però gli spagnoli hanno un modo di vivere che passa sopra ogni difficoltà. La città non stqa mai ferma, neanche politicamente. La protesta contro le violenze di genere, che colpiscono la Spagna come l'Italia, continua e la manifestazione di sabato così come lo sciopero della fame che continua a Plaza Puerta del Sol, lo dimostrano.
Avrei voluto vivere il periodo elettorale per toccare con mano  la febbre elettorale, ma le seguirò dall'Italia.
È ora di salutare Madrid, ecco le 5 pillole alla partenza.

1) Molti spagnoli dicono che le elezioni politiche le vincerà nuovamente il Partito Popolare di Rajoy. Quelli che ho sentito, non voteranno PPE, ma Podemos o Ciudadanos. Spagna come l'Italia di Berlusconi, nessuno lo votava ma lui vinceva sempre. In realtà, si sente molto la frattura tra vecchia e nuova generazione.




2) La frattura era ancora più evidente nella festa patronale di lunedì 9 con la Virgen de Almudena in processione alla Cattedrale.  Una città così giovane, aperta e libera, ha una forte componente ancora tradizionalista e legata alle tradizioni religiose, sarà come molti mi hanno detto, proprio quella componente che porterà alla probabile vittoria di Rajoy?
3)Le strutture di Madrid sono da capitale mondiale. In Italia ci hanno abituati alla crisi come causa di tagli di servizi. Nella critica Spagna ci sono trasporti di livello eccezionale, a partire dall'Aeroporto di prima fascia (ha anche una cappella per pregare!) ai treni e alla metro eccezionali. I punti wifi sono presenti in tutto il centro cittadino e si può dire che la città sia davvero diventata ormai 2.0.

4)La libertà è vissuta a Madrid in maniera totale, da Malasaña a Chueca passando per il bel quartiere de Las letras a La latina. Le differenze e le diversità sono la regola e non un eccezione da guardare con disappunto o sorpresa. La "nuova" Madrid così come la "nuova" Spagna avanza nel pieno della libertà di essere e la cosa più eclatante, almeno per quello che ci hanno sempre insegnato, è che in questa città libera, ci si senta tanto sicuri. Ovvio che i casi di violenza o gli elementi pericolosi non siano del tutto assenti, ma sono l'eccezione e non la regola.

5) Ho assistito sia a partite di calcio che di basket: Real - Psg e il derby tra Estudiantes - Real Madrid e posso dire che la città respira davvero sport, di primo livello. Il Bernabeu è uno stadio top class, ma questo già si sapeva, mentre lo splendido Palacio des deportes non lo conoscevo. Da quello che ho potuto intuire, la città risulta molto divisa, nonostante la predominanza del Real Madrid. Assistere comunque agli eventi, è stato davvero piacevole e anche qui non ho assistito ad accadimenti violenti o di disturbo. Non è che sia il paradiso in terra eh, i fatti violenti non mancano,(come puoi leggere qui).
In sostanza è una città assolutamente da vedere, da vivere pienamente, però è arrivato il momento di salutarci Madrid.

È stato un piacere.

Hasta luego.

¡Hala Madrid!




sabato 7 novembre 2015

Pillole di Madrid part 3 - Una città in piazza contro le violenze di genere

Madrid scende in piazza contro la violenza di genere con una manifestazione imponente che porta per le strade decine di migliaia di persone, tra donne, uomini e giovani.

Piazza de las cibeles dedicata alla battaglia contro la violenza machista.
Qui ti ho già parlato della violenza di genere e della strada ancora lunga che la Spagna deve fare contro la discriminazione di genere. Come avrai notato dagli ultimi post, in questi giorni mi trovo a Madrid e dopo aver assistito alla protesta silenziosa delle scarpette rosse in Puerta del Sol con lo sciopero della fame, non potevo perdere l'imponente manifestazione che dal Paseo del Prado ha percorso tutta la Gran Via, tra cori, musica, rabbia e tanta consapevolezza. Sì, perché ad organizzare la manifestazione c'erano i collettivi femministi di tutta la Spagna.
Come in Italia, anche in Spagna la problematica della violenza di genere è molto sentita, con circa 75 donne uccise nel 2014 e le circa 266 denunce di casi di violenza di genere, che ogni giorno la polizia si trova a ricevere.

Il presidio a Puerta del sol
Si chiede una presa di coscienza forte da parte delle forze politiche, leggi più severe che possano impedire il reiterare di reati già denunciati e soprattutto l'affermazione di quello che è il diritto di ognuno a vivere la propria vita in libertà. L’approvazione della legge sulla parità di genere del 2007 non è stata sufficiente. Con una legge si possono comminare pene, ma non si cambia la mentalità.

Come affermato durante la manifestazione.

Le discriminazioni di genere sono una questione di Stato e come tale devono essere trattate. 

La folla di Madrid, piena di giovani regala una visione ottimistica del futuro. Tutto parte dall'educazione al rispetto.



Ora ti lascio alle foto e a qualche video.

In piazza tutto il movimento femminista spagnolo
Il corteo partito dal Paseo del Prado



Anche la Chiesa oggetto della protesta

Molte forze politiche presenti, tra cui Podemos

Contro tutte le violenze di genere

Le femministe madrilene

Sulla Gran Via

Parti del lungo corteo

Sopportare i maltrattamenti non è dignità né amore

Il silenzio ci fa complici

Parti del corteo

Combattività femminista

Simboli

Parti del corteo

La precarietà è una forma di violenza

La testa del corteo

L'arrivo a Piazza di Spagna

Podemos
 
L'importanza di denunciare

Pillole di Madrid part 2 - Una partita al Bernabeu

Il Real è la storia della Spagna, in alcuni momenti positivi, altri negativi, Sarà banale dirlo, ma andare a Madrid e non avvicinarsi nemmeno a quel tempio del calcio che è il Santiago Bernabeu, è un affronto alla storia della città, che piaccia o meno il calcio. Poi per chi come me è affascinato dalla storia e dalla grandezza del Real Madrid è quasi un obbligo doppio. Se ci aggiungete la partita di cartello di Champions league, Real Madrid - Paris Saint Germain, non c'era da tentennare nemmeno davanti al prezzo esoso.


La partita dei campioni



Quando si ritrovano in campo campioni come Cristiano Ronaldo (solo Cristiano per i madridisti), Isco, Sergio Ramos, Modric,Toni Kroos da un lato e Di Maria, Ibrahimovic, Cavani e Thiago Silva dall'altro non può che suscitare grandi attese. Soprattutto per la mia prima volta al Bernabeu, uno stadio che definire teatro è poco. Sì perché la partita non ha deluso le attese, soprattutto grazie al Psg che ha giocato una partita coraggiosa, con buone occasioni, qualche palo e tanti preziosismi soprattutto di Di Maria e Ibrahimovich. Non serve specificarlo basta vedere le foto e i video, pur stando al terzo anello, la visibilità dello spettacolo è sublime. Da un lato i numerosi tifosi francesi si facevano sentire, protetti da un'invisibile rete, per evitare il lancio di oggetti. Da l'altro il "fondo sur" madrileno cantava compatto, con la coreografia che spegneva gli iniziali bollenti spiriti francesi, "Contigo empezo todo" a ricordare la prima Coppa dei Campioni vinta dal Real nel 1956 a Parigi, quando il Psg nemmeno era stato ancora fondato. Le altre parti dello stadio, piene anche di turisti, si godevano la partita accendendosi di volta in volta nei momenti caldi. Un vero e proprio teatro, altro che stadio.


Uno stadio cinque stelle

Sì, perché ero già stato al Bernabeu qualche anno fa, sebbene solo per il tour turistico e per ammirarlo nel giorno senza partita con il museo. Devo però dire che si apprezza di più quando svolge la sua funzione principale, ospitare una partita di calcio. La verticalità delle tribune è perfetta per la visibilità in qualsiasi punto del campo, lo spazio è comodo e tutto è funzionale a svolgere quella funzione.

Ecco alcune le 5 pillole sul Bernabeu:

  1. Fino a ora uno stadio con il wifi gratuito compreso nel biglietto non l'avevo mai visto.
  2. Sarò abituato male, perché quei pochi stadi di serie A italiana, che ho frequentato erano più che fatiscenti, ma vedere i filmati delle altre partite di Champions nell'intervallo è troppo comodo.
  3. Quel calore che senti dentro dopo qualche minuto, non è l'emozione di stare nel tempio del calcio, ma l'impianto di riscaldamento che irradia dall'alto.
  4. Fino a ora un centro di scommesse in uno stadio non l'avevo mai visto.
  5. Campo perfetto, stadio extra lusso, ristorante stellato e vari pub intorno; scale mobili, steward sempre presenti. Quando potremo avere una cosa del genere in Italia? Soprattutto quanto costerebbe entrarci, visto che gli ingressi nei fatiscenti stadi di serie A sono già molto cari?


A ogni modo uno stadio così non l'avevo ancora mai visto, qualche anno fa il Madrid veniva denominata la squadra dei Galacticos. Sebbene quella squadra infarcita di stelle abbia vinto ben poco, lo stadio resta di un altro pianeta.




domenica 1 novembre 2015

Pillole di Madrid




Pensate a un Paese in crisi, con tassi di disoccupazione oltre il 50%, sfiducia verso la politica ad altissimi livelli, perennemente divisa, avvolta nel pessimismo e con oltre 700.000 giovani emigrati solo nel 2014. La vita nell'Europa latina non è facile e sono tanti i problemi. Ok, di che Paese sto parlando?
No, non è l'Italia, ma la Spagna. La crisi che vive il Paese è endemica nel sistema stesso, la poca unità poi fa il resto.

Qui ho scritto di quanti spagnoli vanno via ogni anno. Un problema simile a quello che sta vivendo l'Italia.

In questi giorni mi trovo a Madrid (qui puoi capire perché e sei vuoi leggermi puoi farlo seguendo questo link) e sarebbe superficiale dire che la crisi non si sente. Pochi giorni in una delle capitali europee più movimentate d'Europa non sono un test probante, ma possono comunque rappresentare un buon termometro dello stato di salute di questa città.

Qui ho scritto di alcuni progetti che sono stati conclusi a Madrid e che hanno trasformato la città. Sì, è vero la vecchia Spagna è in crisi e prima o poi la politica di Rajoy farà i conti con la storia, però c'è un diverso modo di sentirla la crisi.

Lo stile di vita e questa "maledetta" movida aiutano.ù
Ecco cinque cose che ho visto in questi giorni:

1) Non sorprenderti di quanta gente c'è per strada, perché il giorno dopo sarà ancora di più. Poi non pensare a una piazza piena, se prima non vedi quanto è piena la sera di un giorno qualsiasi Piazza puerta del Sol.
2) Le voci della strada che ho sentito voteranno Podemos, ma il sentore generale è che vincerà di nuovo Rajoy le elezioni, perché ci sono ancora troppi over50 conservatori. I giovani devono attendere dopo i disastri di Zapatero.
3) Mai visto una città così aperta di mentalità come Madrid, a Chueca e Malasaña insegnano peace e love. Son conservatori e poi così aperti. Ma quanto è ampia la frattura tra la vecchia e la nuova generazione in Spagna?
4) Difficile sentir parlare di Franco, si sente che hanno il complesso di essere rimasti sotto dittatura così tanto tempo.
5)Non ti meraviglierai mai di quante tapas riusciranno a portarti con una caña di birra e ti ritroverai a pagare solo qualche euro. 


Real junkie food lifestyle.

Non prendete sul serio queste generalizzazioni, sono solo chiacchiere su Madrid.
Pillole appunto.



 

sabato 10 ottobre 2015

#LaDedicaDellaSettimana n.19 #MediciSenzaFrontiere a #Kunduz tra due fuochi nella polveriera del Medio Oriente

Siamo tutti oggetto di manipolazione e disinformazione organizzata. Le notizie sono semplici fatti, sta a chi informa diffonderle o manipolarle. La narcolessia mediatica è proprio quella che ci propina chi oscura e manipola il mondo dell'informazione. Cercare di uscire da questo sistema perverso è dovere di qualsiasi essere pensante.

La dedica della settimana 

Arrivare alla dedica della settimana n.19, lo ammetto non è stato facile, non tanto per il tempo da dedicare al blog, perché è sempre un piacere scrivere, ma per la quantità di eventi e situazioni che possono colpire la sensibilità.
Ti viene da cercare il senso di quello che accade, purtroppo la motivazione di alcuni avvenimenti ci è ignota oppure c'è, è evidente, ma non ci piace e non l'accettiamo, purtroppo c'è, con tutte le conseguenze.

La dedica di questa settimana non può non andare a chi non si limita a scrivere o a fare chiacchiere, ma opera sul campo per cercare di cambiare la realtà delle cose, per davvero.



La dedica n.19 va a Medici senza frontiere, va a Emergency, va a alla Croce rossa internazionale e a tutte quelle Ong che sul territorio operano in contesti rischiosi.

Kunduz

 

Le bombe sull’ospedale di Medici senza frontiere a Kunduz mostrano la considerazione che l'esercito americano ha delle azioni umanitarie, manifestata anche dalle contraddizioni tra le versioni di comando Nato in Afghanistan e governo afghano. 

giovedì 8 ottobre 2015

#Libriamo Adua di Igiaba Scego, storia tra Somalia e Italia e un passato perso nella memoria

In un Paese in deficit di lettura è importante trasmettere le belle sensazioni che la lettura può regalare, soprattutto grazie a un libro che è capitato nella propria vita. Leggere è un viaggio intimo dentro noi stessi e per questo è importante intraprenderlo con la scelta del libro giusto. Non c'è una regola precisa per capire quale sia il libro giusto, l'importante è darsi la possibilità di scelta, perché, se il primo passo da fare è quello di iniziare a leggere, il secondo fondamentale è quello di scegliere bene. I buoni libri migliorano la vita, ci fanno crescere e cambiano le nostre prospettive. Non bisogna mai sottovalutare la loro potenza con la consapevolezza che una vita senza lettura è più povera. La mia sarebbe stata sicuramente anche più triste.


Anche questa settimana,

#Libriamo

Ti accorgi dell'importanza di un evento, quando dopo giorni ti ritrovi ancora idee, spunti di interesse e  stimoli. Dalil festival di Internazionale me ne sarei potuto tornare con centinaia di libri, in realtà l'ho fatto e la mia lista desideri è sempre più colma.

Sono state settimane di silenzio libresco, ma non di assenza di letture, senza non si potrebbe stare.
Nel weekend di Ferrara come ti ho scritto anche qui, ho assistito a vari incontri e convegni.

Tra i vari libri che mi porto dietro da questa esperienza, in questa rinascita autunnale del blog, vorrei "librarti" di un libro che non si esaurisce solo nella sua storia, nei vari personaggi e nemmeno nella biografia dell'autrice, ma è molto di più

Il libro è Adua, scritto da Igiaba Scego, scrittrice e giornalista anche su Internazionale, italiana e somala allo stesso tempo, per la quale nutro una grande ammirazione.

Adua è tante storie in un unico racconto, frutto di violenza, illusione, sogni infranti, viaggi difficili e storie rimosse, colpevolmente dimenticate.

Adua fa parte della storia dell'Italia.


"Ogni notte prima di addormentarmi mi chiedo se potrò pure io, come mio padre, costruire nella nostra terra il poco di avvenire che mi è rimasto."

lunedì 5 ottobre 2015

Alla ricerca delle parole giuste con il Festival di Internazionale a Ferrara


Ferrara, la statua di Savonarola


 
Il week end del festival del giornalismo di Internazionale a Ferrara è stato un grande momento di giornalismo partecipativo, in cui, giornalisti, scrittori, artisti, operatori del settore dell'informazione, da tutto il mondo e lettori si sono incontrati per parlare di realtà e attualità.

La rivista Internazionale da sempre si distingue, nel panorama italiano dell'informazione su carta e sul web, per la grande qualità, dimostrata anche in questo weekend.

La splendida Ferrara è stato il teatro ideale per questi giorni fertili, in cui stimoli e interessi si sono rincorsi tra convegni, manifestazioni e incontri dal respiro molto profondo.

È stata la mia prima volta al Festival di Internazionale,  non sarà sicuramente l'ultima.


Nella tre giorni Ferrarese oltre ad assistere a incontri e dibattiti con alcuni dei migliori giornalisti italiani e internazionali, ci si è sentiti realmente parte di una cittadinanza attiva, partecipe e soprattutto pensante. Perché quei temi dibattuti da tanti nei talk show, sui giornali e sul web, in maniera astratta, a Ferrara sono divenuti reali.

Perché si è rimasti agganciati alla realtà, che cambia in continuazione e si sono cercate risposte diverse rispetto a quelle solite, che un po' per convenienza e un po' per pavidità, spesso non si vogliono trovare.
Il mondo cambia  sempre più spesso i giornali e la stampa in generale danno tutto per scontato, descrivendo ciò che nella realtà non esiste.

sabato 5 settembre 2015

La dedica della settimana n.18 ad Aylan, quando la morte ripristina la dignità di essere umano

Siamo tutti oggetto di manipolazione e disinformazione organizzata. Le notizie sono semplici fatti, sta a chi informa diffonderle o manipolarle. La narcolessia mediatica è proprio quella che ci propina chi oscura e manipola il mondo dell'informazione. Cercare di uscire da questo sistema perverso è dovere di qualsiasi essere pensante.

La dedica della settimana 



Il ritorno alla normalità dicono. 
Un sabato di settembre piovoso accoglie il ritorno della dedica della settimana n.18.
Non volevo tornare.
Non doveva tornare così, quello della tragedia umanitaria dei flussi migratori, in fuga dalla Siria, dalla povertà o alla ricerca di una vita migliore, non dovrebbe essere il problema di cui nessuno vorrebbe occuparsi. Poi c'è quell'immagine, quel bambino esanime con la faccia sulla sabbia, quella foto zittisce tutti. Anche me, anche questo blog.
La spiaggia di Kos è diventato il suo cimitero. Quella tratta è tra le più battute poer la fuga dalla Siria verso l'Europa. In quel luogo, meta di vacanze occidentali, su quella spiaggia, Aylan è morto. Si dice avesse tre anni e che sia morto con il fratellino Galip in fuga con la famiglia dalla Siria, da Kobane.
Quando li vediamo in massa ai nostri confini, su quei sudici barconi, sono delle cifre, diventano delle quote da spartirsi, dei migranti, degli immigrati, dei potenziali clandestini.
Quando arriva la morte e come in questo caso, c'è un fotografo pronto a riprenderla in maniera fortemente scenica, allora la situazione cambia e quel piccolo migrante, quel potenziale "mini-clandestino" diventa Aylan di 3 anni in fuga da Kobane.
Purtroppo in questa situazione drammatica, solo la morte fa acquistare la qualifica di persone a questi individui. Diventati un problema scomodo di cui non ci si vorrebbe occupare, mentre si costruiscono muri, si restringono i confini, si chiudono treni.
Ora vediamo una folla minacciosa che bussa ai nostri confini. Potenziale pericolo per il nostro stile di vita. Quando verrà a galla la prossima tragedia nascosta, ritorneranno ad acquisire sembianze umane.
Intanto, le immagini dei profughi siriani che attraversano l'Ungheria per arrivare al confine con l'Austria sono pugni nello stomaco.
Continuiamo a guardare inermi la tragedia umanitaria.

Non c'è bisogno di parole.
Almeno questa volta è meglio stare zitti.


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domenica 9 agosto 2015

#LaDedicaDellaSettimana n. 17 alla corsa della speranza di Abdul Rahman Haroun nel tunnel della Manica.

Siamo tutti oggetto di manipolazione e disinformazione organizzata. Le notizie sono semplici fatti, sta a chi informa diffonderle o manipolarle. La narcolessia mediatica è proprio quella che ci propina chi oscura e manipola il mondo dell'informazione. Cercare di uscire da questo sistema perverso è dovere di qualsiasi essere pensante.

La dedica della settimana 

La Calais - Folkestone non è una gara podistica. Non potrebbe esserlo visto che sono due città separate dal mare. Una in Gran Bretagna e l'altra in Francia unite dal tunnel della Manica. L'Eurotunnel è pensato per mezzi come treni o auto, percorrerlo a piedi è un grosso rischio a causa dell'area rarefatta, il poco spazio dedicato a eventuali pedoni e le temperature roventi. Per i responsabili della gestione del canale è impossibile percorrerlo a piedi e chi si appresta a quest'ardua impresa può andare incontro a una morte quasi certa. Qualcuno però è quasi riuscito a farlo.
Abdul Rahman Haroun ha compiuto davvero un'impresa, a quasi quaranta anni di età, con una preparazione fisica dubbia e nonostante quelle condizioni proibitive, è riuscito a percorrere il tragitto di 50 km in quasi 11 ore, tra temperature roventi, area rarefatta, semi oscurità e treni ad alta velocità. Una vera e propria impresa. Quasi da Guinness. A quasi un chilometro dal "traguardo", però, il viaggio del signor Haroun è stata bloccato dalle guardie di sicurezzo e il suo sogno si è infranto. Purtroppo, non parliamo di un'impresa sportiva. Non ci sara nessuna medaglia, né menzione per Abdul Rahman Haroun, nessun onore o parata di festa. Ad aspettarlo ci sarà solo un processo davanti alla Corte di Canterbury. Già, perché il signor Haroun non è uno sportivo, non cercava la gloria con la sua corsa e nemmeno l'iscrizione nel Guinness dei primati. Il signor Haroun è un clandestino, era in fuga dal Sudan verso il sogno della Gran Bretagna, quello che lo aveva spinto fino a Calais e che voleva perseguire a ogni costo, fino alla fine, perché in fondo non aveva nulla da perdere, se non la sua vita.
La dedica della settimana n.17 non può che andare a lui e a tutte quelle persone che ancora aspettano di conoscere il loro destino, che affollano Calais, Ventimiglia, Lampedusa e sono trattati da ospiti indesiderati. Un peso nel groppone, di cui liberarsi il prima possibile.

A loro è dedicato questo post.

 

giovedì 30 luglio 2015

#Libriamo d'estate, per un agosto tutto da leggere tra regali, consigli e acquisti

In un Paese in deficit di lettura è importante trasmettere le belle sensazioni che la lettura può regalare, soprattutto grazie a un libro che è capitato nella propria vita. Leggere è un viaggio intimo dentro noi stessi e per questo è importante intraprenderlo con la scelta del libro giusto. Non c'è una regola precisa per capire quale sia il libro giusto, l'importante è darsi la possibilità di scelta, perché, se il primo passo da fare è quello di iniziare a leggere, il secondo fondamentale è quello di scegliere bene. I buoni libri migliorano la vita, ci fanno crescere e cambiano le nostre prospettive. Non bisogna mai sottovalutare la loro potenza con la consapevolezza che una vita senza lettura è più povera. La mia sarebbe stata sicuramente anche più triste.


Anche questa settimana,

#Libriamo

Anche in estate la lettura non va mai in vacanza, anzi forse è il periodo in cui si ha maggiore tempo libero e anche quei lettori occasionali riescono a trovare tempo per dedicare qualche ora a un bel libro. Il Libriamo di questa settimana, ultimo prima della pausa di agosto di questa mini rubrica, è dedicato a tre consigli di lettura che mi permetto di fare per le vacanze. Non che quelli consigliati fino a ora non fossero meritevoli di lettura, però, è bene sempre cambiare e farsi incuriosire da nuovi interessi.
Il principio che guida questo spazio è quello della scelta, leggere sì, ma facendolo bene.

I consigli per l'ombrellone, il divano di casa climatizzato o per dovunque passerete questo bollente agosto, sono libri che mi hanno incontrato nei modi più casuali possibili. Uno mi è stato consigliato, un altro mi è stato regalato e l'ultimo l'ho acquistato perché quando un libro ti segue ci deve essere un motivo e quindi non puoi che assecondarlo e acquistarlo.

Ecco quindi il libriamo di questa settimana, l'ultimo di questa stagione, è diviso in tre, per augurarvi un buon mese di agosto, fatto di letture.






Dei libri ti seguono, altri ti sono assegnati, mentre per alcuni è solo questione di scelta.

sabato 25 luglio 2015

#LaDedicaDellaSettimana n.16 alle trentadue vittime di Suruç, contro una violenza che non ha senso.

Siamo tutti oggetto di manipolazione e disinformazione organizzata. Le notizie sono semplici fatti, sta a chi informa diffonderle o manipolarle. La narcolessia mediatica è proprio quella che ci propina chi oscura e manipola il mondo dell'informazione. Cercare di uscire da questo sistema perverso è dovere di qualsiasi essere pensante.

La dedica della settimana 

 

Eccoli giovani e belli, con gli occhi della speranza e la voglia di costruire un nuovo futuro attraverso la partecipazione. Perché non riesci a stare fermo quando sei incapace di accettare tanta violenza. Non ce la fai proprio. Leggo la storia di questi giovani ragazzi morti, i ragazzi di Suruç e un vuoto pervade tutto il mio spazio circostante. Quante lacrime urlate al vento. A cosa serve tutto questo. A cosa serve scrivere, tutte queste parole, tutti questi post, tutte queste dediche, la memoria resta solo lettera morta, parola bruciata. Conta solo un'esplosione e passa tutto. Guardo e riguardo quella foto, violenza devastante e insensata come quella di Utoya e l'ingiustizia del silenzio dopo il massacro. 

Quei ragazzi turchi militavano nella Federazione delle associazioni dei giovani socialisti, arrivavano da tutto il Paese, e avevano un sogno. Poi quella bomba esplosa nel giardino del centro culturale Amara ha distrutto tutto. Anche i norvegesi di Utoya avevano un sogno, quello di costruire un futuro sostenibile, paradosso vuole che anche loro erano in un campeggio di giovani socialisti norvegesi, anche lì si parlava di futuro e si cercava di porre le basi per costruire. Anhce lì, un ragazzo come loro, quattro anni fa lì ha ammazzati. Un attacco di follia omicida, un folle visionario fu capace di commettere una strage. Resti zitto.
Dopo tanto dolore verrebbe solo da stare in silenzio, prendere tutto e partire distante anni luce verso Kepler 452b.

Ma poi pensi.

sabato 18 luglio 2015

#LaDedicaDellaSettimana n.15 per un Italia accogliente contro le violenze di Roma e Treviso.

Siamo tutti oggetto di manipolazione e disinformazione organizzata. Le notizie sono semplici fatti, sta a chi informa diffonderle o manipolarle. La narcolessia mediatica è proprio quella che ci propina chi oscura e manipola il mondo dell'informazione. Cercare di uscire da questo sistema perverso è dovere di qualsiasi essere pensante.

La dedica della settimana 

Nella dedica di settimana vorrei parlarvi di un Paese, uno di quelli al sud Europa, un tempo denominato "Belpaese", ma che ora di bello ha solo le bellezze artistiche per di più inquinate e deturpate. Un tempo era famoso per lo stile di vita e l'accoglienza delle persone, perché più di ogni altro luogo comune, era noto "italiani brava gente". Oggi non sembra più così, siamo nel pieno di un processo involutivo dal punto di vista di idee e di valori, la crisi di cultura più che economica ci sta imbarbarendo. Le immagini di ieri di Roma e Treviso lo dimostrano, come la tanta tristezza e l'enorme disgusto che viene fuori da tutta quella intolleranza.





Gli attacchi al bus dei 19 richiedenti asilo di ieri a Roma, o il rogo dei mobili, dei televisori, dei materassi e di altri oggetti che non erano ancora stati portati negli appartamenti destinati agli stranieri sono forse uno dei peggiori spettacoli a cui ho assistito negli ultimi anni. Così come le parole del presidente della regione Veneto Luca Zaia:

Questa non è un’emergenza. Ci hanno dormito sopra per quattro anni su questa questione, stiamo africanizzando il Veneto. Qui comandiamo noi. Il governo non deve mandare più anche un solo profugo.

sabato 11 luglio 2015

#LaDedicaDellaSettimana n.14 alla memoria degli 8372 di Srebrenica venti anni dopo, genocidio nel dopoguerra europeo

Siamo tutti oggetto di manipolazione e disinformazione organizzata. Le notizie sono semplici fatti, sta a chi informa diffonderle o manipolarle. La narcolessia mediatica è proprio quella che ci propina chi oscura e manipola il mondo dell'informazione. Cercare di uscire da questo sistema perverso è dovere di qualsiasi essere pensante.

La dedica della settimana 

La storia è fatta di tante cose, si dice sempre che sono i vincitori a scriveral, ma altre volte è il sangue versato dalle vittime che costringe a parlarne. Parlarne, sì perché possiamo fare questo e poco altro, sembra poco, ma in realtà riscoprire una memoria dimenticata aiuta a riprendere elementi del passato abbandonati tra le tante distrazioni del presente. Continuiamo a dimenticare gli insegnamenti della storia e continuiamo a commettere gli stessi errori sempre.


















Con la dedica della settimana n.13 bisogna fare un viaggio breve nella memoria, ma molto duro, il ricordo corre a venti anni fa, a quella terribile guerra civile che fu combattuta in Jugoslavia nella prima metà degli anni novanta e che fu un vero e proprio bagno di sangue.
Il ricordo va a quel terribile 11 luglio del 1995 e a quel terribile massacro, in cui, circa ottomila uomini e bambini bosniaci musulmani vennero massacrati dalle truppe del Generale Ratko Mladić e dai gruppi paramilitari ultranazionalisti provenienti dalla Serbia, davanti a circa quattrocento soldati olandesi che erano lì in funzione di peacekeeping, ma non fecero nulla per evitare il massacro. Sono venti anni, venti lunghissimi anni da uno dei più grandi genocidi compiuti in Europa nel dopoguerra. 
Per non dimenticare...
















Sarebbe meglio non fosse
piuttosto che sia
così
come oggi è
la nostra Srebrenica
Nulla di morto né di vivente
in lei
può più abitare
Sotto un cielo plumbeo
l'aria di piombo
mai nessuno
ha imparato
a mettersi nei polmoni
Da lei fugge tutto
ciò che ha gambe
con le quali possa
e sappia dove
fuggire
Da lei fugge tutto
anche ciò che da nessuna parte
se non sotto la terra nera
può fuggire...


 tratto da 
Le lacrime delle madri di Srebrenica
(Abdulah Sidran)