martedì 29 luglio 2014

Indifferenza di serie G


I silenzi possono essere assordanti quando dimostrano indifferenza, ipocrisia e ignavia. Ci sono quelli che non vogliono prendere una posizione perché non si interessano, seguono l'opinione di massa e come sempre si accodano. Ci sono poi gli incapaci a posizionarsi realmente, finti oggettivi che si accavallano nell'avvalorare le loro posizioni con dati, opinioni e fatti per dimostrare quanto realmente vogliano essere equidistanti. Ai due estremi ci sono i tifosi che parlano per slogan e urla, che non ascoltano ma gridano il loro sdegno indipendentemente da cosa realmente succede. 
Indifferenza e ignoranza si mescolano alla finta equidistanza
Intento inutile.
L'equidistanza nella natura umana  non esiste è pura utopia. 
Non lo si può essere sinceramente senza cadere nella contraddizione. 
Il mondo cambia a seconda di come ti viene presentato. Ho sempre abbracciato il pensiero relativista secondo cui un'unica verità non può esistere ma soltanto molteplici rappresentazioni. 
Ci sono dei fatti e delle conseguenze e solo il punto di vista da cui osserviamo la cosa può farci intendere il senso di cosa vediamo o viviamo.

domenica 13 luglio 2014

Senza quarto potere


Cosa raccontano i giornali italiani in questo periodo? Se fate un breve riepilogo di ciò che è presente sui media nazionali vedrete che le notizie che si rincorrono sono sempre le stesse. Quanto vale ancora il giornalismo italiano? Quanto coraggio c'è di osare e andare oltre quella che è la semplice apparenza dei fatti. Oltre il semplice slogan o il partito preso?
La stampa nazionale si comporta ormai più come un ufficio stampa che un esponente del quarto potere. Sarà banale dirlo ma in realtà non lo è perché sta diventando un metodo di agire universale.
Si vede tutti i giorni,  in tv, sulla vecchia carta stampata e in rete.
A fare notizia non sono più le notizie ma sono gli ascolti, sono i clic, i mi piace, i retweet, le condivisioni. Bisogna essere presenti, in ogni luogo, sempre e comunque. Indipendentemente da quello che si dice.
"È incredibile quello che sta succedendo clicca qui!" "Non ci si crede l'ha fatto davvero! Ecco cosa..."  È la pubblicità a farla da padrona e nessun giornale può farne a meno. La pubblicità si acquista solo con le visioni, i commenti le condivisioni, le interazioni e i clic. Internet e  i social network sono in teoria uno splendido strumento di informazione e condivisione ma nella pratica sono un enorme indotto pubblicitario dai costi ridotti e dalla diffusione capillare.

sabato 5 luglio 2014

Un Paese di pochi fatti e tante pugnette


Nel nostro Paese si parla di tante cose, forse troppe; non è mai mancata l'arte della parola a noi italiani.
Soprattutto quando a utilizzarla con tanta arte sono i politici che basano la maggior parte della loro carriera sull'utilizzo dell'abile dialettica per sviare alle domande e ai fatti.
Se in proporzione, nel nostro paese si giudicassero le persone per quello che fanno e non soprattutto per quello che dicono, avremmo sicuramente un'improvvisa penuria di commentatori. Perché di fatti, realmente ce ne sono pochi.
Si commentano gli slogan, le dichiarazioni d'intenti, le linee guida ma dietro questo grande blaterare non c'è nulla. Solo tanto vuoto.
Si spera sempre che il tempo cancelli la memoria e che operi come il grande fratello nel mondo del 1984 di Orwell e che cancelli tutto.

L'abilità di riciclare posizioni vecchie, cambiandole all'occasione è stata sempre un'abilità tutta italiana e ancora oggi funziona.
Non riusciamo ad assicurare un futuro a noi stessi figuriamoci se possiamo assicurarlo a un intero Paese circondati da chiacchiere vuote e sterili e incapaci di fare cose concrete.

Continuano a bombardarci con messaggi e slogan.
C'è bisogno di riforme; bisogna cambiare l'Italia; voltare pagina è obbligatorio. 
Addirittura Barroso indicava la necessità di un'Italia forte necessaria per l'Europa.
Vien da dire #StaiSerenaEuropa siamo forti; tranquilla, ci pensiamo noi!

(Occhiolino, pausa scenica, silenzio in sala, occhi sbarrati e risata da fuori onda).

giovedì 3 luglio 2014

La ricerca del tempo perduto



I pensieri scappano e la mente resta contorta in spazi di vuoto incomprensibili.
Non riesci a capire ciò che ti sta intorno, intanto digiti, digiti e ancora con le dita furiosamente su questi tasti. Avresti voglia di scrivere di getto tutta la notte, sì l'hai sempre fatto; caffè e tastiera.
Notti insonni al caldo afoso. Senza un fine e senza una meta. Di cosa poi non si sa. Solo così riesci a riflettere. Tu più contorto della realtà che ti circonda, sempre a mille velocità e senza alcun rispetto per chi non riesce a stare al passo.
È forse questo il torto più grande della società moderna, l'illusione che vivere sia rincorrere la velocità a qualsiasi costo, infischiandosene del ritmo naturale della vita.
L'importante è fare, agire, muoversi, reinventarsi in continuazione per non restare fermi al passato. Quel passato che si dimentica sempre tanto in fretta e alla fine, stremato dopo tanto correre, resti fermo completamente esausto e crolli senza più energie.
Ti lasci andare a colpi d'inedia che lenta ma inesorabile ti uccide. Resti lì, privo di qualsiasi idea.
Fermo, osservi il mondo correre a tripla velocità. Non ne fai più parte. Pronto per la fine, cerchi una soluzione che possa raddrizzare la tua realtà ormai offuscata e pensi. 
Sempre fermo. Così mentre ti fai scappare via tutto, bloccato da quella tua assurda inettitudine, scrivi. Di notte.    
          Perché sai che solo quando è scuro riacciuffi un po' della tua essenza, quella a mille colori. 
Quei colori che, come il libro che hai davanti, sono sbiaditi. Solo al buio nei momenti più impensabili riesci a far uscire.
Di giorno invece, alla luce del sole, il grigio offusca tutto sotto mille nuvole.
Per questo scrivi, perché ricerchi quei colori perduti.
E ti butti alla loro ricerca.
Per fermare la corsa del tempo che ti travolge verso un grigio inesorabile.
Anarcolessia.


Vista sbiadita da Budapest