sabato 6 giugno 2015

Spunti di vista, vivere in Italia un Paese fondato sulla corruzione capitale


Non vi meravigliate del titolo perché è la storia che ce lo insegna. 
Negli Stati preunitari e con l'unificazione del 1861, l'essere corrotto era un carattere già insito in quella classe dirigente sabauda, papale o borbonica, poi diventata italiana e unitaria, così come anche sotto il fascismo.
Nell'era repubblicana si è confermato quel modo di fare e di pensare.
Tangentopoli e le varie inchieste che si sonosuccedute ne hanno solo fatto una fotografia parziale e incompleta, perché scavare in quel torbido animo italiano, significa metterci di fronte a uno specchio e guardare il marcio del nostro animo.
Per questo Tangentopoli ha poi fallito in definitiva.

La cultura del corrotto



Ho già illustrato lo studio di Transparency International che ci classificava come il paese più corrotto dell’occidente, al sessantanovesimo posto nella classifica mondiale.


In questi giorni le inchieste su Mafia capitale e della corruzione nella politica della città di Roma mescolata con la criminalità organizzata ritornano sempre. 
Ne ho già parlato qui, soprattutto dell'astensionismo visto come disaffezione e sfiducia degli italiani verso una classe politica indegna, ma non posso non ritornarci.

Matteo Renzi giustamente difende il garantismo prima di chiedere le dimissioni del sottosegretario Castiglione raggiunto da un avviso di garanzia della procura di Catania per turbativa d’asta sull’appalto per la gestione del Cara (Centro di accoglienza per rifugiati e richiedenti asilo) di Mineo. Garantismo necessario per accertare la veridicità dei fatti ed evitare quel giustizialismo che è indegno per una democrazia.

Perché è giusto che le inchieste si chiudano e le responsabilità siano accertate.
Però la Politica non può affidarsi sempre alla magistratura per dirimere e trovare le risposte a problematiche a cui non riesce o non vuole trovare una soluzione.

Lo Specchio di un Paese



Mafia capitale è lo specchio di come funzionano gli affari in Italia: perché il grosso della corruzione non viene mai fuori e le grandi opere, come affermato dalla Commissione Europea, costano sempre di più in termini di soldi e tempo, rispetto altrove.

Ci si continua a lamentare della lista della Commissione antimafia sugli impresentabili alle elezioni regionali. Io mi indignerei del perché la Commissione l'abbia tirata fuori solo un paio di giorni prima delle elezioni, quando ormai le candidature erano già fatte e non mesi prima, quando quegli incandidabili erano stati scelti. Inoltre, se nominare quei dodici ha significato liberare gli altri, allora si è lontani dal nocciolo del problema.

Perché il fenomeno non è legato alla singola condanna, o al singolo reato, ma collegato all'intera classe dirigente e alle modalità con cui questa sceglie i propri rappresentanti.

Battaglia culturale



Bisogna dare atto al Governo di aver finalmente fatto passare una legge contro la corruzione.
Detto questo, però, bisogna dire che questa legge è del tutto insufficiente ad affrontare il problema in Italia. Perché non scalfisce per nulla quello che è il tema principale, la scelta della classe dirigente.

Non basta giustificare l'elezione di un incandidabile con il suffragio popolare.
Il voto dei cittadini non ti libera dai reati commessi o dalle ipotetiche incompatibilità.

La funzione pubblica, sia politica sia amministrativa, dovrebbe essere retta personalità dotate di una qualità etica "superiore". 
La procedura concorsuale ha fallito nella scelta dei funzionari pubblici, mentre non si crede abbastanza in quelle scuole superiori di pubblica amministrazione che dovrebbero formare i dirigenti o i funzionari stessi.
Non si tratta di ritornare a una figura amministrativa d'elite o alla politica dei pochi, oppure allo slogan dei "filosofi al potere". Si tratta di fissare delle regole diammissibilità che ne stabiliscano la candidabilità o l'eleggibilità a priori. Quel filtro che dovrebbo essere imposto a tutte le forze politiche, in grado di determinare la scelta di figure pubbliche "pulite", trasparenti e prive di quel conflitto di interesse che inficia l'amministrazione pubblica a tutti i livelli e gradi.

Se chi fa le regole non riesce a darsi delle regole certe, allora ogni discorso sulla corruzione diventa inutile. La corruzione non si batte con una singola legge, ma con una battaglia culturale che  non può essere portata avanti se è la classe politica stessa a essere immersa fino al collo nel marciume.

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